Dietro ogni gioiello c’è dunque una storia, piccola o grande, futile o significativa, triste o lieta.
A puntare sull’aspetto narrativo dei gioielli è un bel progetto nato dalla collaborazione tra l’artista orafa Giulia Tamburini e il disegnatore Ettore Tripodi.
Classe 1984, di base a Milano, la Tamburini lavora da dieci anni nel settore. Dopo una laurea in lettere, la folgorazione è arrivata all’improvviso e l’ha portata a studiare per tre anni presso la prestigiosa Scuola di Arti Orafe di Firenze, prima di aprire la propria attività e mettersi a creare con oro, argento, bronzo e pietre preziose.
Nel suo laboratorio non ci sono software di progettazione Cad né macchine per il taglio e l’incisione al laser.
Si fa tutto a mano, come da tradizione millenaria:
«Gli strumenti con cui lavoro i metalli sono gli stessi che venivano usati nel Medioevo e non sono mai cambiati: lime e seghetti, bulini di ferro per le incisioni e pece come base per modellare».
Ed è grazie a questo continuo scambio creativo che la Tamburini ha conosciuto Tripodi, artista milanese classe 1985 che ha alle spalle studi in scenografia presso l’Accademia di Belle Arti di Brera